Cerrano, dove si scomoda l’universo per ignorare il proprio territorio

 

Il Cerrano, come noto, è un torrente che scende dalle pendici della città storica di Atri e raccoglie le acque della vallata omonima che arriva fino al mare Adriatico, nel comune di Silvi. Nei pressi della foce doveva sorgere già in epoca romana un porto che era uno scalo importante della città di Atri per il commercio sui mari con il Sud Italia e l’Oriente, mentre sulle colline vicine sono stati rinvenuti reperti archeologici forse riconducibili a un’antica villa romana.

Negli ultimi decenni la comunità locale e i propri amminitratori, anziché tutelare e valorizzare uno dei luoghi culla della civiltà antica del comprensorio, hanno ben deciso di ignorare il passato e decontestualizzare i propri interventi urbanistici. Infatti, sulla pianura a ridosso delle prime colline sulla sponda sinistra del torrente Cerrano, sorge da alcuni decenni quella che era prima la “Fiera Adriatica” e oggi è il “Centro commerciale Universo”.

Centro commerciale Universo e Fiera Adriatica (2014)

Centro commerciale Universo e Fiera Adriatica (2014)

L'enorme edificio del centro commerciale Universo con la facciata di colore blu visto da Torre Cerrano (giugno 2016)

L’enorme edificio del centro commerciale Universo con la facciata di colore blu visto da Torre Cerrano (giugno 2016)

Tutto il complesso fieristico-commerciale si sviluppa in un lembo di terra che sarebbe stato prezioso preservare come legame importante tra il mare e la collina retrostante, la quale ritroviamo oggi per buona parte scavata e spianata per far posto a parcheggi e ampliamenti del complesso.

L’ulteriore beffa è quella di aver dato un nome, “universo”, che ulteriormente decontestualizza l’opera e rende i manufatti creati per lo svago, il commercio e gli affari degli elementi che non dialogano per nulla con il luogo in cui sorgono. Si potrebbe dire che la logica dei centri commerciali è proprio questa, cioè rendere tutto globalizzato per attirare il cliente-consumatore in un mondo che sia esplicitamente fuori dalla realtà comune.  Allora perché il ricorso continuo a termini come “chilometro zero”, “eco-sostenibilità”, “tipicità locale”? Perché “universalizzare” l’economia quando nelle nostre comunità si fa avanti sempre più il ritorno a un rapporto diretto tra produttore e consumatore, tra la cultura del luogo e chi vi abita? Perché gli amministratori si riempiono la bocca di ambiente, conservazione della natura, valorizzazione delle bellezze artistiche e paesaggistiche, mobilità sostenibile e poi avallano sempre senza timore progetti che minano questi valori?

Centro commerciale in costruzione (gennaio 2016)

Centro commerciale in costruzione (gennaio 2016)

Centro commerciale in costruzione (gennaio 2016)

Centro commerciale in costruzione (gennaio 2016)

Oggi vediamo luoghi significativi del comprensorio snaturati delle loro caratteristiche storiche e naturalistiche, del loro “genius loci”, purtroppo ancora vittime dell’accanimento di logiche consumistiche che sembrerebbero superate dalle suddette riflessioni. Il “centro commerciale Universo” ne è il massimo esempio. La sua ristrutturazione e il suo ampliamento in atto, in barba anche a ogni logica di conservazione paesaggistica, sono testimoni di un mondo che non vuole cambiare e che persevera negli errori a danno degli stessi che vi abitano, che perderanno sempre più l’autenticità del proprio territorio e che vedranno negli anni futuri diminuire i reali benefici e aumentare solo i costi, dovuti al maggiore traffico veicolare, al rischio idrogeologico, alla perdita di attrattiva turistica in una regione che ha una delle più alte densità di centri commerciali in relazione al numero di abitanti d’Italia e perfino d’Europa, con la relativa desertificazione dei centri storici e delle attività di vendita al dettaglio (a proposito si veda qui il comunicato di Confesercenti dello scorso anno).

Mario Cipollone

Francesco Verrocchio