Atri: dalle origini fino a colonia latina

 

La nostra serie di articoli non può non iniziare da Atri, che rappresenta la città più importante e più antica del comprensorio (Fig.1) di cui si occupa il nostro blog.

Fig.1 – La città di Atri indicata sulla carta IGM 100000

Le sue origini sono circondate di leggende intorno alle migrazioni dalla Dalmazia, collocabili all’incirca al XII sec. a.C., da parte degli Illiri che, attraversato l’Adriatico, si stabilirono anche sulle sponde del Piceno, spingendosi nelle valli interne ed integrandosi con le meno evolute popolazioni indigene. In seguito si insediarono popolazioni di origine sicula, a prova di questo il nome della città, la cui forma antica, Hatria, sarebbe caratterizzata dalla medesima radice Hatranus o Hadranus, divinità sicula in seguito raffigurata insieme al cane, animale a esso sacro, sulle monete cittadine coniate, secondo molti studiosi anteriormente ai primi contatti con Roma; Atri si contende inoltre con Adria veneta l’onore di aver dato il nome al mare Adriatico. Il territorio su cui era sorta Atri fu sottoposto successivamente alle migrazioni delle genti umbro-sabelliche, a loro volta soppiantate dai Piceni. La presenza di questi ultimi è ampiamente documentata dalla scoperta e dallo scavo, nei primi anni del Novecento, delle due necropoli di Pretara e del Colle della Giustizia, i cui corredi funerari possono farsi risalire al VII sec. a.C. Su Atri esercitarono una grande influenza artistico-commerciale gli Etruschi, circostanza testimoniata dal grande numero di suppellettili ed oggetti rinvenuti; tra questi, il più rappresentativo è uno specchio a rilievo raffigurante Ercole in lotta con la Dea Mlacuch (Fig.2), conservata al British Museum di Londra che lo acquisì nel 1977 dalla collezione Hamilton.

specchio

Fig.2

Molto probabilmente gli Etruschi penetrarono nel Piceno meridionale seguendo quello che sarà in seguito il tracciato della via Salaria oppure in maniera diretta, percorrendo la vallata del Vomano lungo la stessa direttrice dell’avanzata romana e della via Cecilia. In seguito la cittadina atriana diventò un forte caposaldo della zona meridionale del Piceno ed entrò a far parte, con Ascoli ed Ancona, della Confederazione picena, sottoposta a nord alla pressione dei Galli.

Ben presto però si staccò dalla Confederazione e si alleò strettamente con Roma, la quale cercava caposaldi e sbocchi sull’Adriatico. Nel 289 a.C. Hatria divenne colonia latina e continuò a battere moneta anche grazie al permesso di Roma. L’Ager Hatrianus si estendeva a nord fino al fiume Vomano e a sud fino al fiume Saline, mentre il confine occidentale incideva con le pendici del Gran Sasso.

Alba e torre

Torre Cerrano all’alba [Foto di Francesco Verrocchio]

Atri subì anche l’influenza greca, poiché il suo porto costituiva uno degli approdi e dei centri di scambio della via commerciale marittima dell’Adriatico che dalla Puglia aveva come terminale il delta padano. Strabone e Tolomeo posizionavano il Porto alla foce del fiume Matrinus che, facendo riferimento all’idrografia attuale, è stato variamente identificato con il Vomano, con il Saline e con il Piomba.

scogli

Resti di strutture portuali [Foto di Mario Cipollone]

Di recente, tuttavia, grazie alle ricerche archeologiche dell’Archeosub Hatria e dell’Università di Chieti, il porto è localizzato nel tratto di mare antistante la Torre di Cerrano(Fig.3) all’interno dell’AMP (Area Marina Protetta), che sorge negli attuali territori dei comune di Pineto e di Silvi, dove sono stati rinvenuti grandi blocchi di pietra d’Istria con pianta a elle rovesciata e strutture portuali, come ad esempio le bitte che servivano per far ormeggiare le navi.

Alberto Miccadei