Parco Filiani: il valore del recupero ambientale di una cava d’argilla

 

In verità sono proprio gli spazi verdi “minori” delle città quelli di più immediata fruizione pubblica e pertanto anch’essi meritori di attenzione e di cura da parte delle civiche amministrazioni (oltre che dei cittadini, primi diretti fruitori).”

Fernando Tammaro, Il paesaggio vegetale dell’Abruzzo, Edizioni COGESTRE, Settembre 1998

Sul versante collinare alle spalle dell’abitato costiero di Pineto sorge un parco meraviglioso. Un vero polmone verde che rende unico il contesto paesaggistico della cittadina adriatica, già nota e riconoscibile per l’estesa pineta litoranea. Poco noto ai turisti e in molti casi anche agli stessi residenti, il parco rappresenta un qualcosa di unico sia per la sua posizione ed estensione, che per la sua storia. Sorge, infatti, su una vecchia cava d’argilla sorta a servizio di una fornace adibita alla produzione di mattoni. Si può immaginare facilmente quindi come la collina, agli inizi del secolo scorso, apparisse brulla e arida e il centro abitato che si andava formando sulla costa fosse caratterizzato dal grigiore di questa fornace con il suo alto camino.

Panorama di Pineto negli anni '20 con la fornace

Panorama di Pineto negli anni ’20 con la fornace [Foto tratta da V. De Laurentiis, F. Mattucci, L. Ripari, "Pineto, una città verde sul mare"]

Il parco fu realizzato dal fondatore della città di Pineto, Luigi Corrado Filiani. Possidente terriero locale, uomo colto e lungimirante, dedicò buona parte della sua vita alla creazione del paese ideale a cui fu dato da lui stesso il nome di Pineto. Per questo decise di chiudere la fornace e bonificare la collina trasformandola in un parco.

Il lavoro, iniziato nel 1927, non fu per nulla facile. Si crearono, con la sola forza manuale degli operai, quattro terrazzamenti che vennero riempiti di terreno fertile e si cercò di regimentare le acque piovane, affinché non dilavassero tutto, attraverso la creazione di canali di compluvio. Il sistema di canali portava a due cisterne che venivano nascoste da piccole strutture architettoniche,  logge o vere e proprie stanze con terrazzo superiore, che per questo nel tempo sono state soprannominate “castelluccio”. Così alla funzionalità di evitare il dissesto della collina si univa l’estetica e il piacere di creare un luogo dal sapore “pittoresco”.

L’opera svolta da Filiani con la creazione di questo parco non è stata altro che un vero e proprio esempio di recupero ambientale ante litteram, quando ancora non era una pratica diffusa e non vi era stata ancora una codificazione di quella che oggi viene chiamata “ingegneria naturalistica”.

Il parco, di proprietà comunale dal 2000, è quindi un patrimonio di grande importanza e di inestimabile valore che la cittadinanza di Pineto ha ereditato e che dovrà saper apprezzare e conservare perché parte della sua storia e perché testimonia un modo di intervenire sul territorio che non solo lo preserva dal dissesto idrogeologico, ma dà valore ai luoghi e al loro contesto, mostrando attenzione e lungimiranza. Nell’idea di Filiani doveva essere ancora più grande e arrivare sul crinale, dove ora sorge la caratteristica “pinetuccia”. Auspichiamo che un giorno il lavoro possa essere completato e il parco ampliato anche longitudinalmente, affinché Pineto possa veramente essere la città ideale, dove natura e uomo convivono in armonia.