Il pino d’Aleppo e le antiche selve costiere

 

Parte delle pinete litoranee di Pineto e Silvi sono costituite da pini d’Aleppo (pinus halepensis). Le piantumazioni risalgono al secolo scorso. Però, mentre per il pino domestico (pinus pinea) si può parlare di nuova piantumazione, per il pino d’Aleppo è meglio dire che si tratta di un re-impianto. Infatti la specie “d’Aleppo” è segnalata come una presenza diffusa già diversi secoli prima, tant’è che una carta del 1592 relativa all’Abruzzo Ulteriore riporta una “selva costiera” a nord della foce del fiume Pescara, fino al territorio dell’attuale Silvi. Nella seconda metà del ‘500 il frate domenicano Serafino Razzi la descrive in questo passo: “Imperocché pascavano gli occhi di vaga verdura di mortella, e di pini selvatichi, che facevano quasi festoni alla riva del mare”. Questa descrizione dei pini sembra quasi coincidere con le pinete come le possiamo vedere oggi, con i loro tronchi contorti e le loro chiome ondulate e piegate fino quasi a toccare le dune sabbiose.

La specie di “pino selvatico”, che quindi caratterizzava il tratto di costa abruzzese da Pescara al territorio del Cerrano, si ritrova citata con le voci dialettali di “ciappini” o “zappini”, derivanti dal termine latino sapinus (pino). Pare che proprio la Pineta d’Avalos di Pescara (Pineta dannunziana) sia di origine naturale e sia quindi un relitto di quella selva antica.
Insieme al pino d’Aleppo erano molto diffusi arbusti come il lentisco e il mirto (detto anche “mortella”), le cui foglie venivano addirittura commercializzate, così come la resina degli stessi pini.

Francesco Verrocchio

Bibliografia

  • A. MANZI, Storia dell’ambiente nell’Appennino Centrale, Meta Edizioni, Chieti 2013