Asfalto sulla strada della torre: l’incoerenza della valorizzazione

 

Poco più di due anni fa scrivevamo che l’ambiente non è solo un bel paesaggio o una parola con cui far contenti i più sensibili alla natura. L’ambiente è un bene dal quale dipende il nostro presente e il nostro futuro sulla Terra (Perché “ambiente” non sia più una parola vuota!).

Purtroppo quasi ogni giorno c’è qualche azione che dimostra quanto sia vuota la parola ambiente nei fatti concreti.

Torre Cerrano è un luogo che ormai ha la sua connotazione di baluardo naturalistico, di memoria storica e di promozione culturale. La torre cinquecentesca è sede legale di un’area marina protetta. Essa, sebbene sia poco al di fuori dei confini della riserva sulla carta, si trova al centro del litorale che ricordiamo esser parte di un’area protetta di livello nazionale.

In questi giorni è stata asfaltata la strada bianca lunga circa 400 metri che costeggia la ferrovia e che funge da ingresso da sud alla torre: uno sfregio storico e ambientale. Si fa male alla storia perché la tecnologia dell’asfaltatura è molto recente e la percezione storica e archeologica ne viene gravemente danneggiata. Si fa male all’ambiente perché l’asfalto non assorbe le acque piovane e accentua il danno da ruscellamento che è la principale causa dei processi erosivi. Inoltre, il nero del manto assorbe i raggi solari e la sua superficie supera facilmente gli 80°C favorendo il riscaldamento locale e creando quell’effetto di isola di calore tipico dei luoghi urbanizzati e da cui vorremmo fuggire, soprattutto quando ci troviamo in un luogo naturalistico. Tutti possiamo comprendere come la strada bianca, invece, riflette la luce solare, assorbe una buona parte dell’acqua piovana e la capillarità del manto permette la risalita dell’acqua di falda, mantenendo fresco l’ambiente.

In questo contesto storico, museale e soprattutto naturalistico, un’asfaltatura è indice di profonda ignoranza, soprattutto quando tali lavori rientrano nell’intervento finanziato dalla Regione Abruzzo e denominato “Valorizzazione turistica della pista ciclopedonale del litorale abruzzese”. Il Comune di Pineto, città verde come recita lo stesso stemma (civitas viridis), ha commesso un grave errore come attuatore del progetto.

Se si parla di valorizzazione delle risorse naturalistiche e della mobilità sostenibile si dovrebbe pensare anche a una evoluzione degli interventi sul territorio. Si dirà che l’asfalto era già presente in parte, realizzato per usi privatistici decenni fa, e che lì a fianco corre la ferrovia. Oggi siamo in un contesto ambientale e naturalistico in cui tali interventi non dovrebbero più essere permessi. La giustificazione per cui si sarebbe rifatto l’asfalto anziché un fondo più ecocompatibile per motivi economici non regge: qual è il valore ora di quella strada? Incommensurabile è ora il danno.

Se questi sono gli strumenti di valorizzazione che si vogliono utilizzare per la nostra costa e il suo percorso ciclopedonale, allora non vediamo dove sta la coerenza.

L’episodio richiama alla memoria la recente asfaltatura della strada dei Prati d’Angro, santuario naturalistico del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, proposta elettorale dell’amministrazione di Villavallelonga che ha potuto realizzare l’opera in seguito a un inspiegabile nulla osta dell’ente parco. Sebbene le valenze ambientali siano diverse, le due asfaltature appaiono il frutto di una scelta obsoleta e miope, contraria all’etica della difesa del paesaggio storico e naturale e all’evoluzione della domanda turistica internazionale. Accettare passivamente l’asfaltatura della strada di Torre Cerrano equivarrebbe a far passare il messaggio che tutto quello che non si può fare in montagna si può fare al mare, moltiplicando i fattori di urbanizzazione e degrado della costa, anziché conservare i pochi tratti che sono sfuggiti alla cementificazione selvaggia.

Come Associazione “Paliurus – natura storia ed ecoturismo” stiamo promuovendo “Il cammino dell’Adriatico”. L’intervento di asfaltatura è un esempio negativo ed è letteralmente uno sfregio che non solo rompe il genius loci, ma soprattutto cancella ogni buona azione che l’area protetta cerca di svolgere, intercettando anche fondi consistenti per i ripristini ambientali, dimostrando come per gli enti locali non sia prioritaria né l’effettiva tutela né una valorizzazione coerente.

Se il 2016 è stato proclamato l’anno dei cammini, in che ottica di innovazione si pone l’intervento del Comune di Pineto se per gli amanti di questo genere di turismo lento un fondo stradale asfaltato è un detrattore e, anzi, sarebbe sufficiente per far perdere a un percorso la definizione di “cammino”?

Chi è responsabile della realizzazione di tale opera dovrebbe fare in modo che il manto di asfalto venga tolto e che si ripristini la strada bianca o, almeno, che sia realizzato un massetto drenante più ecocompatibile, cosicché turisti e visitatori non ridano di noi, della nostra arretratezza.